mercoledì 3 luglio 2019

Spettacolo di fine anno 2018-2019



Dipingo il mio sogno - Il musical

Avete mai provato a chiudere gli occhi e immaginare di poter entrare in un'opera d'arte? Credete che sia impossibile? Io ci sono riuscito, e sapete come ho fatto? Grazie al talento, alla passione e al coraggio del gruppo teatrale della scuola Jona di Asti, guidato dai professori Dario Inserra e Barbara Benso. 
Anche quest'anno, la scuola secondaria di primo grado Olga e Leopoldo Jona ha voluto festeggiare la conclusione di un proficuo, impegnativo ma “concorsualmente” glorioso anno scolastico con uno spettacolo dal titolo "Dipingo il mio sogno", messo in scena il 28 maggio 2019 al teatro Alfieri di Asti, alla presenza del sindaco della città, della dirigente scolastica, del corpo docente e di molte famiglie e alunni del quartiere.

Il musical si sviluppa a partire da una celebre frase del pittore olandese Vincent Van Gogh: "Sogno di dipingere e poi, dipingo il mio sogno".
Seguendo questa massima, un timido e garbato custode di museo introduce lo spettatore sulla scena onirica del proprio sogno, che inizia solo quando l'ultimo visitatore ha varcato la soglia e le luci del museo si sono spente. In quel momento il custode rivive l'emozione del pittore olandese della "Notte stellata".
La scena mi riporta subito ai fotogrammi del film "Bruegel, le moulin et la croix " del regista polacco Lech Majewski che nel 2011 racconta la storia delle Fiandre occupate dagli spagnoli nel 1564. Come il regista utilizza la tecnica dell'animazione animata per far rivivere la quotidianità dei personaggi di un dipinto di Pieter Bruegel, così gli ideatori dello spettacolo, il prof. Inserra e la prof.ssa Benso, riescono attraverso il musical a dar vita alle tele del museo narrando con ironia le fantasiose, quanto bizzarre, relazioni interpersonali dei soggetti dipinti.
I giovani interpreti del gruppo teatrale Jona sono riusciti così a rendere vive le opere d'arte, permettendoci di sperimentare un'immersione nella storia dell'arte passando dal “Discobolo” di Mirone, statua dell’antichità in cui la rappresentazione atletica acquista movimento, al neoclassico “Amore e Psiche” di Antonio Canova, fino alla meditazione del "Penseur" di Auguste Rodin, icona bronzea del nostro sommo poeta che, davanti alle porte dell'inferno, medita sul proprio poema.
All'imbrunire, quando l'ultimo visitatore ha lasciato la sala, i quadri prendono vita, si animano e ci regalano un piccolo affresco della storia dell'arte occidentale e dei valori in essa rappresentati.
É dal misterioso e velato sorriso de "La Gioconda" di Leonardo Da Vinci, di cui proprio quest'anno ricorre il 500° anniversario della morte, che tutto ha inizio. L'enigmatica e petulante donna Lisa dà il via ad una burlesca quanto improbabile conversazione con il “Mangiafagioli” della tela di Annibale Carracci. L'ironico dialogo si allarga poi coinvolgendo un'altra opera del genio del rinascimento italiano, la "Dama con l'ermellino", la cui personalità si esprime in un duetto rap tra la nobildonna e amante di Ludovico Sforza, ora cantante e ventriloqua, ed il simbolico bianco animaletto.

La cosa sorprendente è che, malgrado i testi dei dialoghi siano trattati con leggerezza, il tema dell'animazione delle opere d'arte nasconde un concetto più ampio e profondo che ha a che fare con il mondo della scuola, e la pedagogia in genere, ossia fa emergere lo scopo educativo della crescita di un soggetto in un determinato contesto. Come i personaggi rappresentati si trovano influenzati dai fattori sociali, culturali e interpersonali anche nei tratti fisionomici, così pure la crescita dei nostri alunni dipende dalle interrelazioni dinamiche tra i fattori personali e ambientali.
Il musical diventa scuola, e in parte dimostra come le istituzioni scolastiche debbano interagire con il "mesosistema" del soggetto, ossia curare le relazioni tra famiglie e insegnanti. Ma il soggetto interagisce anche con il "microsistema", rappresentato dal quartiere in cui vive, dai coetanei, dagli amici, che ne influenzano l'atteggiamento, la predisposizione a imparare e la personalità, come dimostra la petulante Monna Lisa che litiga con il Mangiafagioli.
Sul palco poi si alternano altre scene di animazione di opere d'arte, come quella che ci riporta al surrealismo di René Magritte con i nostri giovani attori che personificano l'uomo con la bombetta e il volto coperto da una colomba e quello coperto da una mela verde sospesa in aria.
Seguono poi le lezioni di danza, in particolare di un artista davvero appassionato di balletto come Edgar  Degas,  dove il gruppo di ballo Jona interpreta con armonica precisione le coreografie della prof.ssa Benso, sulle note della celebre "Danza delle ore" di Amilcare Ponchielli.
Intanto il tempo passa nelle sale dell'immaginifico museo Jona, ed è sempre un'opera d'arte a ricordarcelo:  "La persistenza  della memoria " di Salvador Dalí, a seguito della quale lo spazio scenico si apre per ospitare la "Ragazza con palloncino" dell'artista e writer inglese Banksy che si riproduce replicandosi in più "ragazze con palloncino" che si muovono in evoluzioni coreografiche che mettono in luce la caducità dell'opera d'arte stessa, che l'autore distrugge.


Ma a rompere il silenzio e la tenera atmosfera serafica è il folle "Urlo" del pittore norvegese Edvard Munch, che partendo dalla platea si dispera in un passo affrettato e un suono deformante, fino a raggiungere il palco dove l'orecchio dello spettatore trova pace e l'occhio riflette l'equilibrata armonia de "La Nascita di Venere" di Sandro Botticelli. In effetti, osservandola alla galleria degli Uffizi di Firenze, non saremmo riusciti a coglierne i tratti così "contemporanei" come quelli di una Venere in procinto di partire per una vacanza che si scontra con il problema della diffusione dell'uso di termini inglesi nella comunicazione di massa. Ma anche questo è intrattenimento, e ci regala un sorriso.

Allo stesso modo rivive la Pop Art di Andy Warhol che viene rappresentata da un gruppo di giovani attrici impegnate a immedesimare la serialità degli oggetti di uso comune attraverso un dialogo che, con ironia, esalta la ripetizione ossessiva delle parole, a guisa della tipica tendenza del dadaismo di Zurigo, stranamente impegnato a combattere l'arte.
Mi commuovo, poi, quando dai frammenti della grande tela "Guernica" di Pablo Picasso vedo avanzare un gruppo di attori turbati e scossi che in un crescendo di collera recitano un testo liberamente ispirato ad una poesia di Gianni Rodari. 
Il testo adatta il tema di condanna della guerra e lo attualizza, ma rievoca in alcuni di noi le bellissime parole del poeta:
[...] “Ci sono cose da fare di notte:
chiudere gli occhi, dormire,
avere sogni da sognare,
orecchie per sentire.
Ci sono cose da non fare mai,
né di giorno né di notte
né per mare né per terra:
per esempio, la guerra".
Il museo immaginifico Jona è anche questo: un momento di riflessione e denuncia per non rimanere indifferenti di fronte all'odio e alla violenza.
La buona sorte ci riporta infine a sognare, dipingendo il nostro sogno con toni meno cupi, grazie alla messa in scena del tema dell'amor cortese, dove i due teneri amanti de "Il bacio" di Francesco Hayez si rincorrono scambiandosi sguardi struggenti. Per loro sfortuna però, irrompono in scena l'uomo con forcone e la donna del Midwest usciti dalla tela "American Gothic" dello statunitense Grant Wood, che nel ruolo di genitori della giovane fanciulla la richiamano al proprio dovere allontanandola dal giovane amante.
La ricchezza di opere d'arte presenti nel museo continua poi a farci sognare, riportandoci indietro nel tempo, quando ancora bambini andavamo con i genitori a vedere il circo con il suo clown.  Non è chiaro se quei personaggi sono usciti dalla tela di Seurat o di Chagall, ma le loro rappresentazioni ci permettono di vedere il mondo con una prospettiva diversa, quella dell'uomo di spettacolo. Il circo si trasforma, infatti, diventando teatro del più grande showman, quando un'angelica fanciulla vestita di bianco mi incanta con la sua voce suadente. È l'annuncio che lo spettacolo sta per finire e con esso il dipinto del nostro sogno. "Never Enough" riecheggia con vigore nelle orecchie di tutti gli spettatori, e in effetti la sensazione che si prova è proprio quella: non mai è abbastanza, vero? La magia dello spettacolo, la luce dei mille riflettori, tutte le stelle del cielo notturno, non saranno mai abbastanza per me.
E con la stessa umiltà dell'incipit dello spettacolo, si rivela il nostro custode che ora ci mostra la sua vera identità nell'autoritratto di Van Gogh, un artista che sognava di dipingere e poi, dipingeva il suo sogno.

Alessandro Cutelli

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