Ci senTiamo
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Tik Tok!
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Chi è?
- Siamo gli studenti del “Ci pensiamo
noi” gli artefici della scenografia dell’Auditorium Jona, qui in attesa di
assistere allo spettacolo teatrale di fine anno “Ci senTiamo”, in cui
trentacinque nostri compagni si esibiscono per dar vita ad un viaggio nella
storia dei mezzi di comunicazione di massa in Italia.
- Prendete posto allora, ma badate bene
che lo spettacolo che state per vedere è già famoso.
Il gruppo teatrale Jona,
infatti, è reduce dalla partecipazione al concorso internazionale di Teatro
scuola Tiziana Semeraro, del 31 maggio 2024 a Ostuni, dove si è aggiudicato due
riconoscimenti: il Premio Audience Choice, per l’originalità
della tematica trattata, e il Premio Tiziana Semeraro per
l’impegno civile nell’illustrazione del processo di evoluzione del sistema
mediatico e comunicativo.
A guidarci in questo viaggio
immaginario è la voce narrante di Marco Carniato, il nostro volontario
del servizio civile, nei panni di uno scienziato sgangherato che sembra uscito
dal film “Ritorno al futuro”. Dopo aver finito di preparare la macchina del
tempo il nostro mentore ci porta indietro sino al 1917, quando i cori degli
Alpini consolavano l’angoscia delle madri in attesa dell’arrivo della posta dei
propri figli mandati a combattere al fronte.
L’arrivo in scena di un’ansimante e sorridente postina, Matilde Rossi, ci fa comprendere come in quegli anni la diffusione delle notizie fosse così lenta che l’angoscia dei genitori di un soldato in guerra, impersonato da Iris Piga, aumentava giorno per giorno, così l’attesa del padre, Simone Scozzaro, e della madre, Sara Massa, si faceva sempre più tormentata, mentre i fratellini più piccoli, Alessio Battistuta e le gemelle Sofia De Vincenti e Fibi Selwanes, occupavano la giornata nell’attesa dell’arrivo della lettera postale che costituiva di fatto un mezzo di comunicazione orizzontale, ossia tra due soli interlocutori.
“Vois sur ton chemin/
Gamins oubliés, égarés/ Donne-leur la main/ Pour les mener vers d’autres
lendemains…” cantano in coro le voci bianche de “Les choristes” portandoci
negli Anni ’30, quando la comunicazione inizia ad avvenire quasi in tempo reale
grazie alla diffusione del telegrafo elettrico sviluppato molti anni prima da
Guglielmo Marconi grazie all’oscillatore di Rudolph Hertz ma anche grazie alla
radio.
“Si parla solo e sempre di politica! Questa radio non sa fare altro” recita la deliziosa sarta, Lucia Rosa, intenta a riparare un abito corto stile Charleston con le caratteristiche frange e piume che la portano a sognare di partecipare ad una di quelle serate danzanti cui partecipano le sue clienti.
La scena cambia e, sulle note di “Ba Ba baciami piccina”, ci lasciamo trascinare a ritmo di swing dai passi di Lindy Hop eseguiti dal gruppo danza, in una casa degli Anni ’40 dove l’attore Aurelio Amerio e la moglie Ambra Scano stanno ricevendo i telegrammi dal proprio figlio in guerra contro i nazisti. Con l’invenzione del telegrafo senza fili si riuscì a trasmettere messaggi sotto forma di segnali come quelli dell’alfabeto Morse.
Lo strumento che più di ogni altro viene utilizzato dal regime fascista è quello radiofonico che, seppur nato già nel 1895 grazie a Guglielmo Marconi e alle invenzioni di Tesla, diventa un oggetto di uso domestico negli anni tra le due guerre mondiali. Grazie alla sua efficacia comunicativa e al modesto costo, la radio (dal latino radius, raggio, in riferimento alle onde elettromagnetiche irradiate) si diffonde velocemente nelle case degli italiani. Ma la radio viene utilizzata anche dalla propaganda di regime, come dimostra la scena del comandante nazista interpretato da Valentino Dassano che con veemenza richiama i soldati chiedendo loro di non cedere allo sconforto, di non esitare e non indugiare affinché essi non vengano considerati come traditori della patria. In Italia, i primi decenni di storia della radio sono strettamente intrecciati al fascismo, al suo impegno per la modernizzazione del Paese, allo sforzo di controllare capillarmente ogni tipo di informazione e di manifestazione culturale, alla ricerca crescente ed esasperata del consenso popolare.
Segue uno tra i più suggestivi intermezzi coreografici dello spettacolo, studiato in funzione del tema della guerra, con i soldati che entrano in scena con passo cadenzato dando luogo a coppie che si affrontano in una lotta corpo a corpo per poi, all’incalzare del ritmo, trasformarsi in lottatori acrobatici che si sfidano in un susseguirsi di interazioni repentine e potenti, fino alla caduta a terra dei corpi esanimi. Irrompe un rombo di tuono e tutto tace, quando con estrema grazia una leggiadra Anna Critelli entra in scena e, con estremo garbo, si muove a passi di danza classica tra i corpi dei soldati constatando l’orrore della guerra.
Osservandola ci sembra di vedere in lei la personificazione della dea della pace Eirene che, nella mitologia greca, aveva due sorelle, Eunomia, dea dell’ordine e del diritto, e Dike, dea della giustizia morale. Sembra che alcuni uomini di oggi non abbiano capito il messaggio degli Antichi. La pace ha per sorelle il diritto e la giustizia, senza di esse non cammina e, se manca la pace, bisogna verificare se è stato leso il diritto o negata la giustizia. Perché allora alcuni uomini malvagi non rispettano questi tre principî, fondamenti di una società civile? Possiamo dire che questa danza ha reso visibile l’invisibile!
“Amore, i capricci son cose ridicole …” cantava Eugenio Zambelli in arte Dino, al festival di Sanremo del 1968. Così la macchina del tempo ci porta negli Anni Cinquanta/Sessanta con l’esibizione canora di Beatrice Ratti, Aurora Mirisola e Mia Rossi, preannunciando l’arrivo della televisione, diffusa su larga scala a partire dal 1950 (in Italia le prime trasmissioni della RAI cominciano il 3 gennaio 1954). Visti i costi proibitivi, i primi televisori si diffusero a macchia di leopardo solo nelle case borghesi dei ceti più abbienti, come la famiglia Locatelli di Adamo Baino che, in attesa di assistere alla gara canora sanremese, si trova costretta a condividere il televisore coi vicini di casa, i Caruso di Aurelio Amerio. Il festival inizia e le note di “Volare” di Domenico Modugno, interpretate da Mia Rossi, ci ricordano l’importanza del bel canto in un Paese come l’Italia che ha dato i natali all’Opera lirica.
Approdiamo poi nel 1966
quando Mina cantava “Se telefonando”, ma stavolta a cantarla è la splendida
voce di Tomas Vargas Lomeli e così arriviamo alla diffusione dei
telefoni nelle case degli italiani, quando i nostri genitori, per evitare
rincari sulle bollette, ci impedivano di chiamare i nostri amici bloccando la
rotazione del disco con il lucchetto. Le tre protagoniste della scena, Iris
Dondi, Viola Priamo e Ambra Scano, ci fanno riflettere sul fatto di come
nella società di massa la comunicazione cambi al mutare del medium.
Siamo infatti negli anni della contestazione giovanile contro gli apparati di
potere dominanti e le loro ideologie, della guerra nel Vietnam, del superamento
del moralismo dell’autoritarismo e dell’emarginazione delle donne! Anni in cui
Lucio Battisti cantava “non sarà … Un’avventura”.
Erano gli Anni ’80, quando
una giovane Cindy Lauper, qui impersonata da Odia Precious, correva per
le strade di New York cantando “Girls just want to have fun” mentre
lungo i marciapiedi si formavano lunghe code alle cabine telefoniche per fare
una chiamata. A quei tempi non eravamo sempre reperibili come oggi e, per
chiamare la persona del cuore o i parenti, ci si affidava al prezioso telefono
pubblico a gettoni, monete e poi scheda magnetica. Certo, con lo smartphone
facciamo molte cose e le comodità sono tante, ma quel modo di comunicare era
così discreto, per nulla invasivo e meno nevrotico. Beh, talvolta un po’ di
stress ce lo dava anche il telefono pubblico, come dimostra il personaggio di Elisa
Garioni ferma in coda ad aspettare per più di venti minuti ad una cabina
occupata per telefonate futili, in tal caso andavamo proprio in bestia!
Cambia la comunicazione come cambia la musica e a darci un reale scossone è la grinta ritmica di Odia Precious che ci intrattiene con una canzone rap interagendo col pubblico che si trova a dondolare su quei disagevoli gradini.
La macchina del tempo
continua a viaggiare spostandosi nel pieno degli Anni ’80 e poi ’90 quando il
modo di lavorare subisce una vera e propria rivoluzione, si parla infatti di
terza rivoluzione industriale, dalle calcolatrici e dalle scomode macchine
dattilografiche si passa al computer prima e poi alla nascita del World Wide
Web (nel 1992 presso il CERN di Ginevra, mentre Internet nasce nel 1969 su
impulso del Ministero della Difesa degli Stati Uniti) che stravolge il nostro
modo di comunicare. La comunicazione diventa circolare, ossia da molti mittenti
a molti destinatari. I tre attori in scena, Adamo Baino, Iris Dondi ed Elisa
Garioni, che disputano in un ufficio degli anni ’90 rimangono letteralmente
basiti all’arrivo del primo personal computer, il Commodore, annunciato da una
simpatica e buffa Giulia Gosetti che con la sua robotica lentezza
preannuncia che non è tutto oro quel che luccica (connessione Internet docet!).
Segue una seconda intensa coreografia dello spettacolo, sulle note di Shania Twain incarnata da Beatrice Ratti che canta “Man! I feel like a woman”. Il corpo di ballo si dispone su due file, la prima di cinque elementi composta da Anna Critelli, Carolina Strocco, Odia Precious e Vanessa Stabile, si muove intorno e su una sedia da scrivania in perfetta sincronia e poi il gruppo si alterna con la seconda fila composta da Alice Maressa, Serena Cognetto, Anna e Giorgia Provera e Sithushi Fernando.
Entra in scena l’unico ballerino del gruppo, l’energico Riccardo Piermarino che al centro della scena si muove all’unisono con il gruppo finché avviene la ribellione delle ragazze che coordinandosi in una forbice di movimenti solleva il ragazzo e infine lo vincola legandolo e imbavagliandolo sulla sedia stessa.
Concludiamo il nostro
viaggio ritornando al presente, con la comunicazione dei giorni nostri, e ci
troviamo nella camera di un giovane studente, Leonardo Feroleto, intento
a chattare con gli amici online, quando la madre, Sveva Viarengo, lo
redarguisce ricordandogli di fare i compiti perché non ha molto tempo da
dedicare al figlio, visti i numerosi impegni giornalieri. La comunicazione è
rapida ed istantanea ma è anche sovrabbondante, futile, e il vocabolario
cambia, nascono nuovi termini spesso infelici che imbruttiscono la nostra
lingua, come hackerare, che aggiunge ad hacker il suffisso “are” con un
processo che si trova applicato con grande sistematicità in altri termini come
smanettone! Internet ha risolto molti dei nostri problemi e ha cambiato la
nostra società, la comunicazione ora è circolare, chiunque può pubblicare in
rete, così i mezzi di comunicazione di massa sono diventati lo specchio della
società. Se con i mass media tradizionali il ruolo esercitato dai singoli era
prevalentemente passivo, nel Web 2.0, ogni singolo utente è diventato
determinante e tutto sembra orientato a una rinascita culturale, tuttavia
stanno emergendo dati allarmanti sull’analfabetismo funzionale, cioè sulla
capacità di comprendere adeguatamente un testo. I giovani di oggi vivono una
vita digitale che spesso prevarica quella reale e questo determina una maggiore
superficialità con limitazione della profondità di elaborazione. “Bro” = fratello,
“boomer” = per schernire le persone della generazione precedente, “sciallo” =
rilassato, “ghostare” = sparire nel nulla, sono solo alcuni dei nuovi termini
utilizzati dai ragazzi sui social. Termini derivati dal mondo angloamericano,
dal rap, da Internet e dal mondo digitale in genere che non ampliano la sfera
comunicativa ma la deformano acriticamente. Allora cosa ci suggerisce di fare
la voce narrante, il nostro scienziato che ci ha portato in questo viaggio
indietro nel tempo? Non demonizziamo l’uso dei social e dei nuovi sistemi comunicativi
purché se ne faccia un uso consapevole e responsabile, il limes è molto
incerto ma comunque vada, “ci sentiamo”!
Alessandro Cutelli
Autrice:
Roberta Pucciariello
Regista e vocal coach: Dario
Inserra
Coreografe:
Valeria Parello e Marianna Rosella
Scenografi:
Simone Busco, Chiara Zarantonello, Beatrice Bella, Giulia Cenerario, Marianna
Rosella, Roberta Pucciariello, Gianluca Assandri e …
Gli alunni del “Ci pensiamo noi”: Emanuel Goli, Chiara Greca, Davide Lavacca, Llangu Moena, Isra Medqoun, Genesio Ndoj, Melissa Pirolo, Adam Yakdan, Valentina Cioffi, Alice De Martinis, Ginevra Dragna, Emanuel Ruta, Timofy Tuss, Rebecca Bombaciglio, Matteo Giampietri, Umberto Cadeddu, Siria Montalto, Elisa Salvador, Nicolò La Bruna, Rebecca Pasqualini, Giovanni Bianco, Arianna De Luca, Virginia Sicco, Aliba Ashgar, Hana Dervishi, Nataniel Barbaran, Anastasia Druzhynina, Matteo Scalzo, Imad Jididi, Eriona Kasa, Sabrina Monaco, Peter Testimoni.
Cast:
Arianna Dal Bello 1C, Serena Cognetto 1C, Adamo Baino 2C, Ambra Scano 2C, Sveva
Viarengo 2C, Alessandra Cococi 1B, Noemi Filizzola 3E, Aurelio Amerio 2G, Iris
Piga 2G, Alice Maressa 3G, Alessio Battistuta 1G, Sara Massa 1G, Aurora
Mirisola 1D, Fibi Selwanes 1D, Mia Rossi 1D, Beatrice Ratti 1F, Sofia De
Vincenti 1F, Viola Priamo 1F, Giulia Gosetti 1F, Carolina Strocco 3H, Elisa
Garioni 3A, Rosa Lucia 3A, Odia Precious 3A, Iris Dondi 3C, Matilde Rossi 2D,
Simone Scozzaro 2F, Anna Critelli 2F, Anna Provera 2F, Sithushi Fernando 2H,
Giorgia Provera 2H, Valentino Dassano 2A, Riccardo Piermarino 2A, Vanessa
Stabile 2A, Leonardo Feroleto 2A, Tomas Vargas Lomeli.
Si ringrazia Arianna
Panico (ex studentessa Jona) per la preziosa partecipazione canora alla
prima dello spettacolo.
❤
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